«Egli [il ciarlatano] parla con sfacciataggine di ci» che il suo pubblico non conosce, usa senza esitazioni termini tecnici del cui significato non ha neanche lui la più pallida idea; l’ignorante ammira subito l’impostore e si convince di conoscere e di poter fare tutto ciò che non gli è noto».
La figura del ciarlatano, di «colui che si vanta di sapere qualcosa che non conosce, di avere capacità che non ha», appartiene a ogni epoca della storia dell’umanità. Persino, come si ricava dalle pagine di questo libro, a quella rischiarata dai lumi, in cui il mito della ragione generò legioni intere di ciarlatani. Tuttavia, se ogni epoca ha i suoi ciarlatani, non in tutte le epoche la ciarlataneria viene usata a fini politici, penetrando nell’ambito proprio del potere e del discorso pubblico, come accadde invece negli anni più bui del secolo scorso. Margarethe Weissenstein De Francesco nacque a Vienna nel 1893 da una famiglia di origine ebraica e morì presumibilmente nel febbraio del 1945 nel campo di concentramento di Ravensbrück. Singolare studiosa, visse alternativamente a Vienna, a Berlino, a Salisburgo, a Parigi e in Italia, dove sposò l’ingegnere di Rovereto Giulio De Francesco. Nel 1930, durante il suo soggiorno berlinese – che durò sino al 1934, il tempo di assistere all’insorgere del terrore nazista – Grete De Francesco ebbe tra le mani la novella di Thomas Mann “Mario e il mago”. Fu una lettura rivelatrice per lei, al punto tale da risultare decisiva nella stesura de Il potere del ciarlatano. Nella figura di Cipolla, il mago, l’illusionista che, nell’opera di Mann, incanta le folle, Grete De Francesco colse non soltanto l’archetipo di tutti i ciarlatani possibili, ma soprattutto il segnale d’allarme, il presentimento della barbarie in agguato, tutto il peso della minaccia, spaventosa e letale, del dittatore che ipnotizza e soggioga le masse. Raccolse così e mise insieme uno sterminato materiale sulla figura del ciarlatano e, nel 1937, pubblicò il suo libro presso l’editore svizzero Schwabe. Mann lo accolse con grande favore, Walter Benjamin ne lodò la rarità del materiale e lo scrupolo con cui era stato raccolto, ma criticò il proposito di rappresentare il ciarlatano come «parente spirituale» dei detentori del potere del tempo. Grete De Francesco ribattè allora con un’osservazione che costituisce un monito irrinunciabile per la nostra epoca e racchiude, insieme, la stringente attualità della sua opera: i ciarlatani non sono i predecessori dei criminali politici poichè non presentano «caratteristiche tipicamente criminali nel loro carattere», tuttavia non vi è criminale politico che non usi «metodi specificamente ciarlataneschi» per raggiungere i suoi obiettivi.Dettagli libro
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Italiano Data di pubblicazione
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Sull'autore
Grete De Francesco
Figlia di Else ed Emanuel Weissenstein, un’agiata famiglia austro-ungarica di origine ebraica, Grete Weissenstein De Francesco studiò a Monaco di Baviera. Dopo il matrimonio con Giulio De Francesco, si trasferì in Italia a Milano. Dalla metà degli anni Venti fu a Berlino dove si laureò alla Deutsche Hochschule für Politik con una tesi intitolata Das Gesicht des italienischen Faschismus. Collaboratrice della Frankfurter Zeitung, in stretto contatto, tra gli altri, con Walter Benjamin, Ernst Bloch e Siegfried Kracauer, nel 1943, per sfuggire alla persecuzione nazista, si rifugiò tra i paesi di montagna dell’Italia del Nord. Il 24 ottobre 1944 fu arrestata dalle SS nel suo appartamento di Milano. Il 14 dicembre 1944 fu deportata a Ravensbrück, dove fu probabilmente assassinata nel febbraio 1945.