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Due giovani uomini, seduti l’uno di fronte all’altro, con le ginocchia che si toccano, nello spazio limitato di un vagone in corsa. Uno biondo, mite, luminoso; l’altro bruno, cupo, febbricitante. Comincia così, in uno spazio ristretto e in movimento, con due personaggi che si rispecchiano l’uno nell’altro, uno dei testi più misteriosi, inattesi, davvero enigmatici della letteratura mondiale, l’«esperimento» di Dostoevskij, un’opera che disgrega i limiti del romanzo della sua epoca e si proietta in avanti a testa bassa, senza freni, verso la modernità, andando però nel contempo a prendere energia e struttura in un passato letterario antichissimo. «L’idea principale del romanzo è raffigurare un uomo positivamente bello. Al mondo non c’è nulla di più difficile» scriveva Dostoevskij. Il principe Myškin, l’«idiota», diventa dunque una sorta di simbolo vivente capace di evocare la figura di Cristo, l’unica positivamente bella per Dostoevskij, che tuttavia quasi non è nominata nel romanzo, pur pervadendolo. Il mondo in cui si muovono il protagonista, le figure comprimarie e le complesse relazioni d’amore che li intrecciano è privo di ogni salvifica bellezza, è un mondo feroce, che gronda sangue, dove chi è indifeso (Nastas’ja bambina, in balia di un adulto depravato; Aglaja giovanetta, prigioniera di convenzioni sociali che le fanno orrore; persino Rogožin, travolto da una passione priva di limiti), o chi si porta nel cuore la mitezza, la grazia, la compassione, si muove a tentoni, cercando di indovinare le regole della sopravvivenza, sempre fallendo, sino al colpo di coltello finale. S.P.

l possessore del mantello col cappuccio era un giovane tra i ventisei e i ventisette anni d’età, d’altezza un poco superiore alla media, molto biondo, con capelli folti, guance incavate e una barbetta appena accennata, a punta, di un biondo quasi bianco. Gli occhi erano grandi, azzurri e fissi; nel loro sguardo c’era qualcosa di quieto ma anche di meditabondo, erano colmi di quella strana espressione dalla quale alcuni intuiscono fin dalla prima occhiata la presenza, nel soggetto, del mal caduco.

«I romanzi di Dostoevskij sono vortici ribollenti, mulinelli di sabbia in una tempesta, trombe d’acqua che sibilano e gorgogliano e ci risucchiano». Virginia Woolf

«L’idiota è un capolavoro, il cui vero tema è l’imminenza e l’immanenza della morte». A.S. Byatt

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Sull'autore

Fëdor Dostoevskij

Fëdor Dostoevskij (Mosca, 11 novembre 1821 - San Pietroburgo, 9 febbraio 1881) è uno dei più grandi romanzieri e pensatori russi. Tra le sue indimenticabili opere si segnalano Umiliati e offesi, Delitto e castigo, I fratelli Karamazov, Diario di uno scrittore, Le notti bianche. Presso Neri Pozza sono apparsi Memorie del sottosuolo (2021), Il sosia (2022) e I demonî (2023). L’idiota fu pubblicato dapprima a puntate, nel 1868, e l’anno successivo in volume.

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