Nel 1937 Manuel Chaves Nogales approda a Montrouge, un sobborgo operaio alle porte di Parigi. Fugge da un Paese, la Spagna, dove è un tipo «perfettamente fucilabile» dai due contendenti in guerra: dai comunisti guidati da Mosca, e dai fascisti foraggiati da Roma e Berlino. È, come lui stesso ama definirsi, un «cittadino di una repubblica parlamentare e democratica» che, andata velocemente in malora, non concede altra scelta che l’esilio a un giornalista e scrittore figlio della piccola borghesia liberale sevigliana. A Montrouge, la République gli procura un appartamento popolare d’antico decoro dove sistemarsi con moglie e figli. Reportero di fama, autore di una brillante biografia di Juan Belmonte – il grande matador, il torero bohémien che frequentava artisti e leggeva Maupassant – Chaves si ritrova a Parigi «insieme agli scarti dell’umanità che la mostruosa macchina degli Stati totalitari va producendo». Un demi-monde di esclusi, reprobi, sconfitti: pope russi, ebrei tedeschi, rivoluzionari italiani. Accomunati tutti da «un obiettivo inaccessibile»: ottenere «una patria d’elezione, una nuova cittadinanza» nel Paese che, ai loro occhi, è «una creazione spirituale ottenuta in venti secoli di civiltà», il luogo dove impera da sempre «la fede naturale dell’uomo in ciò che è umano». Verranno traditi, e le pagine di questo libro costituiscono la cronaca diretta, vertiginosa, iconoclasta, scritta a caldo di tale tradimento che trova il suo culmine nel giorno di giugno del 1940 in cui le truppe naziste occupano Parigi, ma che ha un lungo e doloroso decorso. Nell’agosto del 1939, alla firma del patto Hitler-Stalin, la Francia scatena la caccia al Rosso e a tutto quanto gli assomigli. I comunisti, «sottoposti a inutili e costanti vessazioni da parte della polizia», vengono spinti nell’illegalità. Il 3 settembre 1939, dichiarata guerra alla Germania, indesiderabile non è più soltanto il Rosso ma lo straniero tout court, anzi lo sporco straniero, le sale métèque, la schiuma della terra, secondo la tetra espressione diventata poi il titolo del celebre libro di Arthur Koestler. Si internano antifascisti spagnoli, italiani, tedeschi, est-europei. E tutto precipita. Si sfascia. In una indolente apocalisse. Nell’«inumana indifferenza delle masse». La Francia, lo Stato «erede della civiltà greco-latina», crolla e scompare per sempre e il suo popolo cade in schiavitù «senza che l’autobus abbia smesso di passare a un’ora precisa». In un domenicale après-midi, mentre i nazisti dilagano, a Parigi la gente sciama fuori dai cinema. In tempo per l’aperitivo al bistrot…
Manuel Chaves Nogales nasce a Siviglia, in Spagna, nel 1897. Nel 1922 si trasferisce con la moglie e la figlia a Madrid dove lavora a El Heraldo de Madrid. Nel 1931 assume la direzione di Ahora, giornale repubblicano vicino al presidente Manuel Azaña. Nel 1934 pubblica El maestro Juan Martínez que estaba allí, in cui narra la storia di uno scapestrato ballerino di flamenco, travolto dalla Rivoluzione d’Ottobre mentre era in tournée in Russia. Nel 1935 pubblica Juan Belmonte, matador de toros, su vida y sus hazañas, la biografia di uno dei toreri più amati di Spagna. In esilio a Parigi dal 1936 al 1940, anno in cui si rifugia a Londra, muore nel 1944.Dettagli libro
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Editore
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Testo originale
Sì -
Lingua
Italiano -
Lingua originale
Spagnolo -
Data di pubblicazione
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Numero di pagine
143 -
Introduzione di
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Traduttore
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Argomento
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Collana