Auschwitz, 1944. La zona è un cantiere edile e rimbomba del rumore sordo del legno, dei cani che abbaiano e delle grida delle SS e dei Kapò. Walter Rosenberg controlla con cura la machorka, il tabacco russo, infilata nelle fessure delle assi della catasta di legno perché i cani trovino l’odore repellente. È nascosto con Alfred Wetzler in quella catasta da tre giorni. Ha udito migliaia di stivali che calpestavano il terreno, gli ufficiali che imprecavano, i cani con la bava alla bocca alla ricerca del minimo, fragile, trepidante segno di vita umana e, ora che l’anello esterno delle torri di avvistamento è sgombrato, è il momento giusto per scappare. Fuggire da Auschwitz a diciannove anni insieme con Fred, l’amico bohémien conosciuto a Trnava, in Slovacchia. Due ragazzi ebrei prigionieri dell’orrore nazista. Cosí comincia una fuga che è senza precedenti nella tragica vicenda della Shoah, una fuga che farà di Rudolf Vrba, – il nome che prenderà Walter Rosenberg peregrinando nei paesi dell’Europa dell’Est governati dagli alleati dei nazisti – un testimone meritevole di stare accanto ad Anna Frank, Oskar Schindler e Primo Levi. È una storia che mostra «come le azioni di una sola persona, anche adolescente, possano piegare l’arco della Storia, se non verso la giustizia, almeno verso la speranza». Rudolf Vrba racconterà, infatti, in maniera dettagliata e precisa, dello sterminio e del progetto della «soluzione finale». Non sarà creduto, sulle prime. Le trentadue pagine del suo rapporto arriveranno, tuttavia, fino a Roosevelt, a Churchill e al Papa e diventeranno poi il documento chiave del processo di Norimberga. La sua impresa è raccontata in questo libro perché «si esibisca in un’ultima fuga: sottrarsi all’oblio ed essere ricordato».
«Pensavo di conoscere la storia di Auschwitz, ma Freedland la racconta da una prospettiva totalmente nuova». Tracy Chevalier
«Un libro acuto e straziante che si interroga su temi universali, tra cui il potere dell’informazione e della disinformazione: è possibile fermare un genocidio dicendo la verità?» Yuval Noah Harari
«Due giovani fuggiti da Auschwitz denunciarono lo sterminio. Ma all’inizio molti ritennero che si trattasse di esagerazioni». Paolo Valentino, Corriere della Sera
«È più facile macellare degli agnelli che dare la caccia ai cervi». Jonathan FreedlandBook details
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