Alla fine del XIX secolo, il regno asburgico era il piú orgoglioso e antico d’Europa: dalle vette dei Carpazi a nord alle acque dell’Adriatico a sud, abbracciava una decina di popoli e aveva alle spalle seicento anni di potere ininterrotto. Nessuna dinastia aveva regnato quanto gli Asburgo, nessun impero era stato tanto scintillante. Ma nel 1895, quando nasce l’ultimogenito dell’arciduca Carlo Stefano, quel grande e maestoso edificio stava già cominciando a sbriciolarsi. Era iniziato il declino che lo avrebbe portato, ventitré anni dopo, al crollo totale. Guglielmo, figlio cadetto della dinastia, crescendo avrebbe avuto molti nomi: l’Asburgo che parlava ucraino, l’arciduca della gente comune, Vasil Vyšívání, il Principe rosso. Camaleontico in politica, bisessuale dichiarato, gli occhi trasparenti e un tatuaggio a forma di ancora sul polso, fu un uomo dalle mille vite, una piú eccezionale dell’altra. E tutte al cuore degli eventi che in quel secolo decisivo avrebbero cambiato il volto dell’Europa: combattente nella Prima guerra mondiale, per un breve periodo seguace di Hitler, poi oppositore durante la Seconda, imprigionato dai sovietici nel 1947 nonostante le idee socialiste con l’accusa di essere una spia inglese e, in sovrappiú, un nazionalista ucraino. In nome dell’indipendenza ucraina strinse infatti patti con spie, militari e truffatori, in una parabola identitaria multiforme che l’avrebbe portato da aristocratico a soldato a Robin Hood dei contadini, senza mai smettere di coltivare il sogno di nazione. In questa biografia avvincente, che ora torna in libreria, lo storico Timothy Snyder parte dalle parole dei discendenti e risale a ritroso fino alla moltitudine di genti che gli Asburgo unificarono, tracciando cosí la mappa storica di un’Europa in costante mutamento e soprattutto individuando le radici di un futuro di disgreganti identitarismi nazionali.
«Guglielmo d’Asburgo, il Principe rosso, portò l’uniforme da ufficiale austriaco, le decorazioni di corte dell’arciduca asburgico, l’abito semplice dell’esule parigino, il collare dell’Ordine del Toson d’Oro, e di tanto in tanto un vestito da donna; sapeva maneggiare una sciabola, una pistola, un timone cosí come una mazza da golf; frequentava le donne per necessità e gli uomini per piacere; parlava l’italiano ereditato da sua madre l’arciduchessa, il tedesco da suo padre, l’inglese dai suoi regali amici britannici, il polacco del Paese che suo padre desiderava reggere e l’ucraino della nazione cui egli stesso ambiva. Non era un innocente, ma del resto gli innocenti non fondano nazioni».
«Timothy Snyder è uno degli storici dell’Europa Orientale piú originali e notevoli della sua generazione». Timothy Garton Ash
«Una combinazione di ricerca accurata, vaste conoscenze e ottimo stile. Un’opera fuori dal comune». John LukacsBook details
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